Da grande fan dei film in costume ho subito avuto moltissime aspettative e un grande scettiscismo nei confronti della nuova serie più popolare di Netflix pensata per un pubblico di giovani adulti… perchè si, il target dice molto di una serie tv, e Bridgerton di sicuro non è fatta per appassionati di storia, infatti, essendo made in Shondaland, è improntata più al genere dramma che rasenta la soap opera. Sarà riuscita Shonda Rhimes a farmi appassionare?
Trama
Non si guarda per la trama…
Cominciamo col dire che la serie è ciò che popolarmente definiremo guilty pleasure, un prodotto sopra che righe che non si prende troppo sul serio e che non rientra proprio nel trash drama. Infatti Bridgerton ha sia aspetti positivi che negativi e ci tengo a precisarlo per non far passare l’idea che io voglia stroncarla.
Sicuramente la trama sembra una fanfiction basata sull’universo di Jane Austen (per farvi un’idea basta pensare a Orgoglio e Pregiudizio e Zombie). Gli elementi ripresi da questo grande classico ci sono: la tematica del matrimonio, il ruolo della donna, personaggi come le grandi matriarche delle famiglie nobili più importanti che si affaticano per accoppiare la loro prole… ma è tutto ridotto ad uno scimmiottare in maniera superficiale i temi principali che hanno reso grande la Austen. Ad esempio la scena di violenza sessuale – o più in generale il dibattito sui figli – vengono resi approssimativamente.
Dalle ricerche che ho effettuato in merito alla base della sceneggiatura, ho scoperto che i romanzi da cui la serie è tratta sono otto e che ognuno è incentrato sui fratelli Bridgerton che si disperano per maritarsi. Il primo è Il duca ed Io e narra le avventure amorose di Daphne e Simon. Proprio questi ultimi sono la chiave di volta di tutto il telefilm per la chimica pazzesca che gli attori protagonisti hanno tra loro. Anche il resto del cast è decisamente azzeccato (nella versione originale la storia è narrata da Julie Andrews) e ogni attore si distingue per il talento e il carisma in scena. Questo incentiva i già convincenti filoni narrativi secondari in un’atmosfera corale alla Gossip Girl.
Abbiamo Antony innamorato di una cantante lirica non adatta ad essere sua moglie, Colin che si infatua di Marina Thompson, incinta di un altro uomo, Eloise, la Jo March dei Bridgerton con una mentalità troppo moderna per l’epoca e tanti altri che se anche compaiono di meno, hanno tutti una buona back story che permette di incuriosirsi a tutti i personaggi.1
L’unica cosa che mi convince di meno, è che sebbene le figure femminili siano tutti personaggi magnetici, donne diverse con personalità complesse (o meno), dei personaggi maschili non possiamo dire lo stesso. Tutti abbastanza stereotipati. E il medesimo ragionamento lo possiamo applicare circa la tematica delle classi sociali. La multietnicità dell’alta società inglese viene spiegata in modo superficiale. Occasione sprecata per un argomento interessante da approfondire. Anzi, a volte mi sembra quasi ridicolizzato dal momento che la regina Charlotte sembra così fuori posto con la sua grazia da elefante in una cristalliera… Davvero molto trash, come se fosse fatto apposta.
Bridgerton non è mai volgare: la regia cura i dettagli e altrettanta attenzione è data alla fotografia, ai bellissimi costumi di Ellen Mirojnick e alla colonna sonora che riprende canzoni contemporanee riproponendole in brillanti versioni orchestrali.
La serie ha ottenuto grande successo, registrando 82 milioni di visualizzazioni dopo soli 28 giorni dal suo debutto nel giorno di Natale e confermandosi come il più grande successo tra le serie originali Netflix.2
Purtroppo Bridgerton è dissacrante per gli amanti del genere in costume: il linguaggio e l’accuratezza storica sono le prime cose che vanno a farsi benedire. Sicuramente Shonda sa come intrattenere, ma solo a livello di impatto. Infatti la messa in scena sontuosa è la ragione che regge una narrazione prevedibile.
Cosa ne pensate?
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