Dall’ospitalità alla locanda.
L’ospitalità, cioè l’accoglienza di un forestiero allo scopo di concedergli cibo, alloggio per la notte e protezione, è una delle situazioni relazionali più antiche nella vita del genere umano.
Facendo una breve panoramica possiamo distinguere diverse forme di ospitalità cioè quella gratuita, quella benefica cristiana, la coattiva signorile e quella a pagamento e professionale. L’ospitalità primitiva (dall’inglese primitivity hospitality o gastfreundschaft in tedesco) è definibile come accoglienza concessa da un ospite ad un ospitato per un periodo limitato di tempo e senza ricompensa diretta; questo tipo di ospitalità la ritroviamo fin dai tempi dei greci e dei romani e presso le popolazioni evolute di tutto il globo, dove lo straniero, ovvero quello diverso da noi, che apparteneva ad un gruppo sociale diverso, era visto sia come un nemico da uccidere, sia come portatore di poteri oscuri. Ecco, ospitalità significava accogliere questo straniero nel proprio gruppo.
La regola dei tre giorni
Un concetto importante che sta alla base dell’ospitalità è quello di reciprocità, che si crea tra ospitato e ospitante per quel che riguarda la protezione reciproca. L’ospitante diventava il protettore dell’ospitato e si creava un legame tale che in caso di morte dell’ospite, l’ospitante ne avrebbe ereditato le sostanze. Nell’ospitalità gratuita il vitto veniva solitamente negato, soprattutto per motivi economici, ma veniva fornito un riparo, acqua, fuoco e biada per gli animali; quasi dappertutto l’ospitalità gratuita era limitata a due o tre notti, come ci spiega Plauto nel Miles Gloriosus, dove definisce l’ospite che si trattiene per più di tre giorni “odiosus”, oppure come altri modi di dire “per due giorni ospite, poi domestico” “il pesce e l’ospite dopo 3 giorni puzzano”, tutto per porre un limite all’onere economico che l’accoglienza di un forestiero comportava al padrone di casa, infatti solo un padrone di casa molto facoltoso poteva permettersi di avere ospiti per periodi prolungati.
Ospitalità gratuita
Sin dall’antichità esisteva un sistema contrattuale che regolava l’ospitalità gratuita, il symbolon per i greci o la tessera hospitalis per i romani, ovvero cocci d’argilla divisi in due metà che venivano custodite dalle famiglie contraenti, e quando l’ospite la portava con se nel suo viaggio, se combaciava l’ospite venia accettato senza riserva alcuna.
Ospitalità a pagamento
Le Xenones erano (lett. foresterie) le locande tipiche delle città greche dell’impero romano e destinate a liberare i privati dagli oneri sempre più gravosi derivanti dall’esercizio dell’ospitalità tradizionale. Lo sviluppo precoce dei commerci e dei traffici in Asia anteriore, caratterizzata da vaste aree desertiche, portò alla costruzione già nel primo millennio prima di Cristo, di posti di sosta collocati in corrispondenza delle sorgenti d’acqua e di posti di ristoro; è forse in queste occasioni che nacquero quelle strutture di ristoro caratterizzate da un cortile, con al centro una fonte, circondato da edifici: quello che poi diventeranno gli Hospitia e Caravanserragli del mondo occidentale. Questi posti di sosta devono essere stati i precursori delle stazioni di sosta e di cambio situate sulle strade imperiali romane, le mansiones o matationes. Fecero seguito gli xenodochia dell’epoca cristiana, che erano case nelle quali i viaggiatori cristiani potevano trovare vitto e alloggio gratuito.(furono probabilmente i cristiani di Siria ed Egitto a costruire questi alloggi a partire dal IV sec, e si trasformarono presto in una combinazione tra albergo per viaggiatori e ricovero per pellegrini, malati, poveri e anziani.)
Ospitalità professionale
L’ospitalità professionale invece, mosse i primi passi in Lidia nel VII sec a.C., in Grecia con locande che offrivano ospitalità contro una ricompensa in denaro apparvero nel VI e V sec nella commedia di Aristofane. Esse erano aperte solo agli stranieri, cui veniva offerto vitto alla buona e un giaciglio per la notte ed erano gestite da locandiere. Già al tempo della dominazione romana, queste locande, godevano di pessima reputazione ed erano diffamate. A Roma le locande venivano chiamate hospitium, deversorium, mansio o stabulum(albergo con la stalla). Con i termini taberna o caupona invece si potevano indicare sia locande che semplici mescite di vino e osterie, ma caupona indicava l’osteria ordinaria. I locali destinati esclusivamente alla distribuzione di cibo e bevande erano chiamati popina, taberna, canabae o thermopolium, e a seconda del tipo di esercizio il gestore prendeva il nome di caupo, tabernarius, deversitor o stabularius. Così come in Grecia, anche a Roma e nelle altre città italico-romane locande o osterie erano molto diffuse, e erano situate sulle strade e nelle piazze, ma si diradavano man mano che ci si avvicinava a quartieri aristocratici. Fuori dalle città, lungo le principali vie di comunicazione, si potevano trovare a intervalli regolari pari a mezza giornata di cammino circa. L’analisi filologica delle diverse parole attinenti al concetto di ospitalità a pagamento ci fornisce importanti indicazioni sulla sua crescente diffusione e sulla sua funzione. (Plauto e Cicerone in epoca repubblicana prendevano in giro tutti quegli osti ruffiani che pretendevano di designare la propria attività con i termini di Hospes e hospitium inerenti invece all’ospitalità gratuita tradizionale. Per questo, si iniziò a parlare delle locande a pagamento come di meritorium.) Tutte queste forme di ospitalità si possono trovare anche nel Medioevo.
Ma come si accoglieva un ospite?
Sia che entrasse in casa dalla porta aperta o bussasse se questa era chiusa, sia che si annunciasse davanti le porte di fattorie o fortezze, lo straniero era sempre ricevuto dal padrone o dalla padrona di casa, che gli chiedevano informazioni circa la sua identità. In alcuni casi lo straniero si rifiutava di essere accolto da un servo del signore, perchè solo l’accoglienza diretta da parte del signore, poteva garantirgli la piena protezione. Una volta accolto, l’ospite riceveva da bere, in segno di benvenuto, poi otteneva abiti puliti sia per una questione di igiene, ma anche per sottolineare il suo ingresso nella sfera di influenza del padrone di casa. Durante il pasto, era riservato all’ospite un posto d’onore, e le conversazioni si concentravano su di lui, e si parlava di tutte le novità del mondo esterno. Per la notte, come prova dello stretto legame che si instaurava, l’ospitante cedeva il posto nel letto accanto alla propria moglie o gli faceva condividere il letto con un altra donna della casa. Come abbiamo già detto l’ospitalità gratuita durava da uno a massimo tre giorni. Al momento del commiato l’ospite veniva scortato per un tratto di strada, e teneva in mano una raccomandazione per la meta successiva. Se l’ospite rifiutava di sedere al tavolo con il padrone di casa, era segno che stava tramando qualcosa contro di lui. Una volta ospitato in una casa, l’ospite era tenuto a farci ritorno in seguito, e se si trattava di più ospiti si dovevano promettere reciproca lealtà. C’era una sorta di legame di dipendenza tra ospite e ospitato, perchè l’ospitante doveva difendere l’ospitato vendicarlo in caso di morte, e rispondeva dei suoi crimini. Spesso i vassalli erano tenuti ad ospitare i propri signori feudali, e dovevano provvedere autonomamente sia al vitto che all’alloggio.
Gli Hotels
A partire del XII sec emerse un nuovo fenomeno, cioè nelle città dove si trovava una corte borghese si cominciò a concedere ospitalità su ricompensa, e con la nascita delle grandi città (XIII XIV sec) alcuni grandi signori cominciarono a dotarsi di hotels di loro proprietà. Nei regni barbarici l’ospitalità era considerata un dovere a cui nessuno si doveva sottrarre: essa durava da due a tre giorni e comprendeva un alloggio, un fuoco, acqua, legna e biada per i cavalli, escludendo però il vitto; si trattava quindi, di una forma di ospitalità limitata, che diventava completa solo in caso di ospiti particolari, o inviati di popoli stranieri. L’ospitalità completa era vista da parte dell’ospite come un grande favore, ma da parte dell’ospitante come un grande esborso di denaro che poteva essere imposto solo in caso di ospiti particolari appunto.
Regolamentazioni per l’accoglienza
Le tregue di Dio concessero nell’ XI sec ai viaggiatori il privilegio di circolare armati per salvaguardare la loro sicurezza. Nello Speculum saxonum si parla di tutela e protezione dei lavoratori che si allontanavano dal loro posto di lavoro e di residenza contro le violenze illegali, ma la sola legge di pacificazione che si occupa di ospitalità e emanata nel 1085 dal sinodo di Magonza , ovvero la prima pace territoriale proclamata in Sassonia nel 1084, che attribuiva a tutti i viaggiatori il diritto di ricevere alloggio (hospicium) e la possibilità di acquistare vitto a un prezzo equo. Quindi nell’ XI e XII sec in tutto il mondo e in Europa l’ospitalità gratuita lascia il posto all’ospitalità a pagamento prima occasionale e poi di professione. Questo fenomeno si affermò soprattutto nella cerchia di pellegrini e mercanti che riempirono le strade europee in corrispondenza della crescita economica del XI e XII sec. Con il XIII e il XIV sec invece si assiste alla separazione definitiva fra casa privata, mercato e locanda, e fra le figure professionali del mercante, del mediatore e dell’oste. Al posto del padrone di casa che come attività secondaria ospitava occasionalmente e regolarmente mercanti, pellegrini o viaggiatori, riscuotendo una provvigione sugli affari mediati per loro conto, subentrò l’oste di professione controllato dall’autorità pubblica e tenuto a fornire esclusivamente vitto e alloggio. La locanda dotata di nome e insegna venne distinta sempre più naturalmente sia dalla casa privata che dall’emporio o dal mercato, ritagliandosi così una posizione intermedia tra questi estremi. Nel basso Medioevo la capienza delle locande e dei semplici alloggi era simile in tutti i paesi, e il numero di letti erano minimo 2 e massimo 20 per le locande piccole e fino a 80 persone per una locanda di maggiori dimensioni, e i letti venivano molto probabilmente occupati da almeno due persone alla volta. Gli ospiti più umili dormivano nei fienili e nelle stalle. L’aspetto delle locande esteriormente non aveva nulla di diverso dalle normali abitazioni e dalle case private, ma già prima del 1200 si usava contrassegnare i locali che fungevano da taverne o mescite ricorrendo a simboli particolari quali corone, rami frondosi, alberi ecc. Se accanto all’insegna vi era un cerchio metallico, era il simbolo di una mescita. A partire dal XII sec si cominciò a contrassegnare le case cittadine con nomi e stemmi. L’ospitalità gratuita è un fenomeno tipico delle regioni poco popolate e frequentate da pochi viaggiatori, e di ceti socialmente elevati. Ai mercanti e ai pellegrini, era offerta una ospitalità senza vitto. Le taverne o deversoria, cominciano a diffondersi nel VIII sec, erano quei locali destinati ai ceti inferiori che fungevano sia da mescite che da botteghe di spaccio al minuto, e offrivano alloggio e vitto.
Nei capitolari di Carlo Magno (VIII e IX sec) le taverne uscirono dall’anonimato dei secoli precedenti e cominciano ad avere una configurazione autonoma. Valfrido Strabone, che si ispira a Isidoro di Siviglia le definisce come case degli osti o capanne di legno della povera gente. Agli ecclesiastici non era consentito frequentarle, tranne in casi eccezionali. Le taverne svolgevano una funzione di vitale importanza per i centri d’insediamento ecclesiastici o temporali e per le grandi vie di comunicazione, tanto da meritarsi l’attenzione dei sovrani, come Ludovico il Pio, che concesse alla Chiesa di Parigi di istituire delle taverne sul proprio territorio, visto che potevano fungere anche da posti di dogana, e furono i nuclei originari dei futuri mercati. Erano situate in corrispondenza di chiese e monasteri, ai piedi dei castelli, nei porti fluviali o di guadi e lungo le arterie stradali più importanti. (taberna cum mercato o traductus et taberna). Dal momento che gli introiti erano cospicui, suscitarono l’appetito di re, chiese e signori locali, che con il banno di taverna e con il banno miliare, cominciarono ad imporre una dazio sulle taverne della zona, che in alcuni casi era di due sextarii, ovvero un litro , su ogni botte di vino venduta. Nell’XI sec cominciarono a manifestarsi nette opposizioni a questo potere coercitivo feudale e bannale nel campo della vendita e produzione di beni alimentari e in generale contro i divieti temporanei di vendita. La forma più conosciuta dell’ospitalità medievale (med. barbarico e alto) per forestieri è quella benefico-cristiana istituzionalizzata dalla Chiesa e praticata in xenodochia, monasteri, ospedali e ospizi. La diffusione di xenodochia cristiani era messa in relazione con l’idea fondamentale dell’amore per il prossimo e consisteva nell’ospitalità a stranieri indifesi, poveri, malati e dall’altro lato era una critica alle taverne, considerati luoghi di perdizione. Nel medioevo barbarico si distingueva il pauper dal potens e dal miles, come chi era escluso dal potere e dal possesso delle armi e aveva quindi bisogno di protezione. Il problema dell’ospitalità ecclesiastica è evidenziato nell’inattuabilità dell’ideale benedettino dell’ospitalità illimitata, perchè forse al tempo del fondatore non c’erano così tanti ospiti, quindi si stabilì che potevano essere ospitati ospiti in base a quanti letti liberi c’erano nel monastero. Reformatio sigismundi, trattato di riforma politica XV sec, secondo il quale molti monasteri avevano istituito locande nei quartieri destinati agli ospiti, e ciò che una volta davano gratis per amore di Dio, adesso era venduto per avidità di guadagno. Dal XI sec, gli ospiti più abbienti cominciarono a disertare gli ospizi , queste grandi strutture comunitarie, e a preferire soluzioni più individuali, lasciando i primi ai poveri. Gli xenones , come gli xenodochia fungevano da albergo per viaggiatori, ma spesso anche da ricovero per i malati. Nei porti arabi, si sviluppa l’istituto del fondaco, alloggio coatto riservato agli stranieri. Simile era il caravanserraglio. Questi erano alloggi comunitari. Con il passaggio dal commercio itinerante e carovaniero, al cosiddetto commercio stanziale si ebbe come conseguenza il declino sia degli alloggi comunitari che dell’ospitalità generale. L’ospitalità coattiva, cioè la pretesa di essere accolti solennemente, alloggiati e sfamati era avanzata dai sovrani ai loro sottoposti, compreso il loro seguito, truppe e rappresentanti, spesso non veniva avanzata solo dai sovrani, questa richiesta, ma veniva preteso da qualsiasi potente o signore feudale. Chiunque esercitasse un certo potere era costretto a spostarsi per amministrare la giustizia, partecipare a riunioni, tenere consigli ecc e visitare i territori dei propri domini. Per questo per buona parte del medioevo a partire dall’età carolingia, le strade di mezza Europa vennero spesso percorse da grandi carovane di carri e animali da soma che trasportavano anche enormi quantità di vettovaglie per l’approvvigionamento di potenti in viaggio. Il sovrano disponeva tra i membri della sua corte di uomini incaricati di preannunciare, preparare e organizzare la sosta presso un ospite. (mansionarius). La paura di dover sostenere spese molto elevate per l’ospitante era senza dubbio motivata, visto che quando il sovrano si spostava con tutto il suo seguito era un consumo enorme di provviste. In ogni caso la sosta non durava più di due tre giorni o al massimo una settimana. Nel X e XI sec anche i piccoli signori feudali e vescovi, arcidiaconi e diaconi si presero il potere di avanzare pretese di ospitalità coattiva. Si stabilirà in seguito che l’ospitalità coattiva è consentita nella misura in cui non comporta alcun danno per il padrone di casa. Solo nel XV sec l’ospitalità obbligatoria venne proibita per intero, scomparendo dalle norme giuridiche. Sopravvisse invece l’ospitalità coatta nel contesto dell’ospitalità di caccia, poiché si svolgeva in luoghi poco abitati con scarpe possibilità di alloggio. Dal XIII-XIV sec in poi i detentori di una qualsiasi forma di dominio ebbero tre possibilità :alloggiare in fortezze, castelli, case cittadine e alberghi di loro proprietà, essere ospitati da altri nobili, monasteri e abitanti della città in parte dietro compenso, in parte gratuitamente, o in fine ricorrere ai servigi delle locande a pagamento.
Restò in vita per molto tempo la concezione secondo cui i signori più eminenti non dovessero prendere quartiere in locande vere e proprie, ma soltanto presso ospiti privati, o ancor meglio presso ospiti loro pari rango. In seguito vi fu una diminuzione della mobilità della classe dirigente, dovuta all’aumento delle forme scritte di corrispondenza.
I pellegrinaggi
I pellegrinaggi esistono in molte religioni: il musulmano è tenuto a visitare almeno una volta nella vita La Mecca per esempio. Per cristiani, musulmani, indu, il pellegrinaggio significava un temporaneo stato eccezionale, l’abbandono del focolare domestico e del proprio ambiente di vita, la partenza verso realtà non familiari. I cristiani non erano comunque tenuti a compiere un pellegrinaggio. Nel medioevo malati e sani, poveri e ricchi erano in cammino verso i santuari per implorare aiuto, espiare le proprie colpe, o ringraziare. Tutto l’occidente era ricoperto da una ragnatela di strade sulle quali milioni di pellegrini condividevano i pericoli del viaggio.
Fino al II millennio dovrebbe aver prevalso il numero dei pellegrini individuali, che viaggiavano di loro iniziativa, mentre a partire dall’alto medioevo si sono visti sempre più pellegrinaggi collettivi, organizzati meglio, e meno pericolosi. Poi nel tardo medioevo, c’è un netto cambiamento e i pellegrinaggi in terre lontane diminuiscono, per spostarsi invece in santuari vicini alle loro città o villaggi. Grazie al Codex Calixtinus, che contiene preziosi dettagli sul pellegrinaggio a Santiago, ma non solo, possiamo ricavare un quadro della vita quotidiana dei pellegrini.
I 3 grandi luoghi di pellegrinaggio sono sicuramente Gerusalemme, Roma e Santiago. Si ritiene che il 35% dei pellegrini fossero donne. I preparativi per il viaggio erano fondamentali, anche se qualche pellegrino partiva in fretta e furia avendo fatto un voto, ma magari non sapendo nemmeno dove fosse la meta.. quindi era importante innanzitutto avere informazioni sulle condizioni della meta. I simboli del pellegrino, sono il mantello, spesso senza maniche che difendeva dalla pioggia e dal freddo e di notte fungeva da coperta, il cappello a tesa larga per proteggere il viso dal sole e impediva alla pioggia di scendere lungo la schiena. Una volta raggiunta la meta, si attaccava sul cappello l’insegna del pellegrino. Le insegne del pellegrino nel medioevo erano un elemento di immediato riconoscimento visivo. Cominciarono ad essere prodotte nel XII sec, utilizzando materiali economici (stagno e piombo) e vendute a buon prezzo nei pressi dei santuari, principalmente ai pellegrini ma non solo: nulla impediva ad un devoto mercante di acquistarne una per proteggere il suo viaggio e le sue merci. L’insegna in ogni caso era simbolo del pellegrino e rendendolo ben riconoscibile, lo rendeva degno della carità, accoglienza e benevolenza di tutti i buoni cristiani. Al ritorno del viaggio spesso il pellegrino buttava ‘insegna nel fiume come ex-voto, oppure chi faceva parte di una confraternita, poteva indossarla quando si avvicinava la morte, per essere riconosciuto come pellegrino anche al momento del Giudizio.
Fra tutte le tipologie di insegne, risulta essere la più diffusa quella di forma quadrangolare, detta quadrangula, con le immagini affiancate dagli apostoli Pietro e Paolo, come quelle ritrovate a San Pietro in Carpignano a Savona, che probabilmente erano cucite sulla bisaccia del viandante, poi collocata a fianco del devoto pellegrino al momento della sepoltura. Poi vi era il bastone, che offriva un valido appoggio per le strade in montagna, o per guadare un fiume, ed eventualmente poteva servire per difendersi dai malintenzionati e dagli animali. Per tutti quelli che viaggiavano a piedi vigeva la massima: “ il meno possibile, ma sempre il necessario”, si nascondevano i documenti e il denaro in una bisaccia, le monete nella cintura, o in caso di viaggio in paesi musulmani, si nascondevano tra la carne di maiale. Alla cintola si portava un coltello, e sul cappello spesso il cucchiaio. La conchiglia jacopea (pecten maximus) è il simbolo del pellegrinaggio a Santiago de Compostela, dove sulle sponde del mare della Galizia, si potevano trovare le conchiglie di quella peculiare forma, che poi venivano vendute nel mercato presso il santuario. Testimonianze iconografiche ci confermano che le conchiglie venivano applicate sul cappello, sul bavero, sul mantello o sulla bisaccia dei viandanti. Come succedeva per le insegne metalliche, anche per le conchiglie di tipo pecten le attestazioni collimano con i percorsi delle direttrici viarie maggiormente transitate dai pellegrini; il nucleo più consistente di quelle individuate si concentra in siti e sepolture del litorale ligure.
Il cibo
Come cibi per il viaggio si raccomandavano pane e formaggio, per coprire il fabbisogno di carboidrati, proteine e grassi. L’importanza del pane è indicata dal termine tedesco Kumpan, in francese copain, ovvero colui con cui si condivide il pane. Prima della partenza venivano benedetti il bastone, la bisaccia e il pellegrino.
Strada percorsa…
Il pellegrinaggio di solito veniva affrontato a piedi, da alcuni che volevano aumentare la loro penitenza a piedi nudi addirittura, ma in alcuni casi i più benestanti si potevano permettere un cavallo o meglio un asino. Erano in alcuni casi gli infermi che viaggiavano con un carro, ma in realtà viste le asperità del terreno lungo il cammino, era facile incorrere in incidenti, come accadde all’antipapa Giovanni XXIII mentre si recava al concilio di Costanza nel 1414.
Non esistevano scarpe adatte al viaggio, nel XIII e XIV sec erano in cuoio con contrafforti in pelle, spesso senza legature, alte fino alle caviglie. Contro pioggia e fango venivano utilizzati dei pattini, che permettevano di camminare con il piede sollevato da terra.
Le soste per riparare le scarpe o cambiare le suole erano un imprevisto da mettere bene in conto nel calcolo dei tempi di viaggio. Un pellegrino poteva coprire in una giornata circa 30-40 km a piedi.
Qui Sara Scrive, passo e chiudo!
Ragazzi, vi mostro la bellissima foto che mi ha inviato Ersilio, uno dei volontari di un tratto delle via Reale poi via Francigena. Ecco uno scorcio del borgo speciale di Sant’Antonio di Ranverso (TO) foto frontale Ospedale per i pellegrini e foto facciata della Chiesa a tratti Romanica.