Una danza frenetica e coloratissima con i ballerini che si sovrappongono. Una ragazza appare: sguardo rivolto verso l’alto e un grandissimo sorriso. Il suo volto è illuminato da un riflettore e sembra brillare.
Nel buio di una strada notturna una macchina scura sfreccia. Al suo interno una donna, seduta sul sedile posteriore e due uomini sui sedili anteriori. Una volta fermati uno dei due estrae una pistola e minaccia la donna ma nel frattempo due macchine cariche di giovani ubriachi travolgono la vettura. La donna sopravvive ma perde la memoria.
Questo è l’incipit di “Mulholland Drive”, film del 2001 di David Lynch. All’apparenza sembrerebbe un noir ma come spesso accade nel cinema di Lynch c’è molto, molto di più.
Partiamo dal fatto che uno dei temi cari al regista di Missoula è il doppio (i due monti gemelli di Twin Peaks, l’inizio e la fine di “Velluto Blu”, identici ma al tempo stesso estremamente differenti ecc) e che anche in questo film non manca. Abbiamo infatti due protagoniste e soprattutto due grandi blocchi nei quali si divide il film. Una parte onirica e una parte reale.
Potrebbe sembrare qualcosa di già visto, di semplice e banale ma se in realtà non sapessimo quale delle due parti è quella reale e quale è un sogno? Ecco che ancora una volta Lynch confonde il nostro essere spettatori. Pensiamo di saper guardare una pellicola fino a che non incappiamo in qualcosa che è più di un semplice film, è una vera e propria esperienza. Quando la semplice visione si trasforma in esperienza cinematografica acquista un valore aggiunto e rimane conficcato nella mente e nel cuore di chi è riuscito a cogliere qualcosa da essa.
Non farò spoiler anche se quello che conta in “Mulholland Drive” non è la trama. Posso solo dire che ad una costruzione perfetta si unisce uno stile unico nella fotografia, nella scrittura e nella direzione degli attori. Tecnicamente impeccabile quindi ma non basta questo a creare l’arte. Non basta saper suonare un assolo incredibile con la chitarra per essere un artista, serve qualcosa da comunicare. Lynch ha davvero molto da comunicare e l’arte filmica non gli basta: dipinge, scolpisce e compone musica. È un artista a tutto tondo e probabilmente uno dei più importanti ancora in vita.
“Non si è obbligati a comprendere per amare. Ciò che occorre è sognare.”
Lasciamo la comprensione di un film a qualcosa che lo richieda. Non interpretiamo tutto quanto, lo renderemmo banale. Lynch non lascia trottole che girano per far impazzire il pubblico, Lynch il sogno lo realizza durante tutta la pellicola senza spiegare nulla. Ciò che conta sono le sensazioni, non sapere quale è sogno e quale realtà. Come in “8 e 1/2” di Federico Fellini non riusciamo a distinguere le scene oniriche da quelle reali se non in pochi casi e con attenzione perché non sono segnalate da una modifica di fotografia o da qualche strana dissolvenza ma da dettagli più o meno evidenti. Finché siamo nel sogno ci sembra assolutamente reale. Solo dopo, una volta svegli, ci rendiamo conto di quanto fosse inverosimile ed è proprio questo che riescono a ricreare Lynch e Fellini.
Le domande quindi si sprecano.
Siamo davvero sicuri di volere che i nostri sogni diventino realtà? Dal sogno, bello o brutto che sia, possiamo svegliarci ma dalla realtà no. Siamo sicuri di desiderare che la realtà venga sempre e comunque rappresentata nel cinema? Non abbiamo abbastanza realtà nella vita di tutti i giorni? Lynch con i suoi film ci invita a sognare e ci dimostra che la finzione nel cinema è fondamentale per veicolare qualcosa. Non messaggi, semplicemente sensazioni. È un sogno dal quale fa male risvegliarsi.
“Mulholland Drive” è un vero capolavoro, probabilmente il miglior film della storia del cinema perché racchiude al suo interno tutto ciò che è la settima arte.
Speriamo che David Lynch riesca a regalare alla storia del cinema ancora qualche film, anche solo uno.
Nel frattempo continuerò a viaggiare tra Twin Peaks e Mulholland Drive, passando per la Londra vittoriana, l’America rurale, quella industriale e volando su Dune con un trattorino tosaerba.
Lorenzo
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