Dopo la visione di Frozen II – il segreto di Arendelle mi sono posto alcune domande riguardo il mondo dell’animazione. Il film di per sé è stato godibile, superiore al primo che non ho per nulla apprezzato se non per la canzone sulla quale è stato costruito (let it go) ma niente di straordinario. Qualche tematica importante accennata e nulla di più, ciò che vedo mancare in questi ultimi classici Disney è il coraggio di osare, un coraggio che a quanto pare manca anche alla maggior parte dei programmi per bambini che circolano al giorno d’oggi, un vero peccato.
Qualcosa è cambiato
Sono cresciuto guardando i classici Disney, li ho visti e rivisti praticamente tutti, ho visto molti film DreamWorks e molte serie animate provenienti sia da oriente che da occidente. Non si può dire che sia stato digiuno dall’animazione e non si può dire nemmeno che tutto ciò che vedevo era di alto livello, basti pensare al trash delle tartarughe ninja, dei biocombat, degli streetsharks e di tanta tanta spazzatura anni ’90 che i miei occhi ingurgitavano con avidità. Tra la varia immondizia televisiva però c’era sempre qualcosa che si distingueva come ad esempio Heidi e Anna dai capelli rossi, Remi e tanto altro che ricordo piacevolmente visto insieme a mia mamma. Anche i classici Disney erano un rito annuale e la videocassetta arrivava puntualmente il 13 dicembre, per Santa Lucia, una ricorrenza molto sentita dalle mie parti. Più di qualsiasi pupazzo o giocattolo i film che mi hanno accompagnato sono serviti alla mia formazione ed è proprio questo il punto focale della mia riflessione.
Di quei film ho vividi ricordi, canzoni piene di significato e che ricordo a memoria, scene che mi hanno spinto ad amare il cinema e hanno in un certo senso formato alcuni aspetti del mio carattere e del mio modo di pensare. Questi film e queste serie non avevano solo il semplice compito di intrattenere ma volevano trasmettere messaggi e lo facevano senza aver paura di farmi piangere.
Emozioni e mercato
Ultimamente mi capita di vedere che non c’è più un’educazione alle emozioni nell’animazione moderna (almeno quella rivolta ai più piccoli), Disney ha paura di osare, ha paura di provocare emozioni forti come fece la morte di Mufasa per noi bambini anni 90, lo stesso le serie TV che sono sempre più 3D, e sempre meno emotivamente coinvolgenti. Questo purtroppo è frutto di logiche che ben poco hanno a che vedere con l’educazione e la crescita dei più piccoli ma anzi, a mio avviso si tratta soltanto di business. Pensate a quanto può fruttare un personaggio stilisticamente appagante come Elsa, pensate a quanto potrebbe fruttare una serie TV su Olaf, una su Elsa, una su Anna e tutto il merchandise che ne conseguirebbe. Pensate a quanto frutta Masha e Orso o Peppa Pig. Il mercato detta le leggi e il mercato trasmette prodotti sempre più innoqui ma attrattivi in modo da vendere gadget a non finire.
I ritmi e le eccezioni
Anche i ritmi dell’animazione sono cambiati, ora come ora i bambini si sono abituati a corse frenetiche e se capita un film leggermente più riflessivo come possono essere i classici anni 90 molto spesso si distraggono. La mancanza di concentrazione è un grande problema al giorno d’oggi, specialmente in un occidente che non è più abituato a riflettere ma vuole sempre agire per non rischiare di annoiarsi. Non dico che tutto ciò che esce al giorno d’oggi non è valido, per esempio Zootropolis è un gran bel film d’animazione, Toy Story è calato solo un po’ nell’ultimo capitolo ma fino al terzo siamo a livelli di eccellenza (e infatti Pixar osa scene anche parecchio inquietanti nel terzo capitolo). Tutto questo però si perde in una miriade di produzioni fini a sé stesse, valide per la vendita di giocattoli e pupazzi che probabilmente non rimarranno nel cuore di questi bambini una volta cresciuti. Togliere le emozioni negative significa rendere meno valide quelle positive come insegna quel gran bel film che è Inside Out. Peccato che Disney e il mercato dei film e delle serie per i più piccoli sia sempre più un mercato e sempre meno per i più piccoli.
Conclusioni
Probabilmente sono vecchio io ma spero tanto che le cose cambino e che le case di produzione capiscano il loro ruolo, magari con l’aiuto di persone illuminate che oltre al fine economico abbiano in mente che ciò che guardano i bambini li aiuta a crescere anche in funzione di una consapevolezza artistica che sicuramente male non fa.
Lorenzo