Etty Hillesum. Ebrea. Nata ad Middelburg, nei Paesi Bassi, nel 1914. Laureata in giurisprudenza e in lingue slave. Amava leggere e studiava la filosofia e la psicologia. Passò la maggior parte della sua vita ad Amsterdam dove insegnò il russo. Fu portata nel giugno del 1943 a Westerbork, campo di smistamento e anticamera per Auschwitz, situato al confine tra i Paesi Bassi e la Germania. Ebbe diverse volte la possibilità di scappare, ma non lo fece. Nel settembre dello stesso anno fu condotta ad Auschwitz dove morì in novembre. Aveva solamente 29 anni.
Angoscia e ottimismo
Etty era una donna fragile e carica di paure, con una vita piena di angoscia e delusioni. Questi stati d’animo erano bilanciati, però, dal suo ottimismo e dalla sua voglia di vivere, di conoscere e di rendere il mondo un posto migliore. Come lei stessa scrive del suo Diario, nonché l’opera più importante da lei scritta tra il 1941 e il 1943, “La vita è infinitamente ricca di sfumature, non può essere imprigionata né semplificata.” e “Ogni situazione, buona o cattiva, può arricchire l’uomo di nuove prospettive.”.
Come una pattumiera
Etty aveva anche una grande capacità introspettiva. All’inizio del Diario, si descriveva con queste parole: “Io voglio qualcosa e non so che cosa. Mi sento presa da una grandissima irrequietezza e ansia di ricerca, tutto è in tensione nella mia testa. […] Nel profondo di me stessa, io sono come prigioniera di un gomitolo aggrovigliato. […] A volte mi sento proprio come una pattumiera; sono così torbida, piena di vanità, irrisolutezza, senso di inferiorità. Ma in me c’è anche onestà, e un desiderio appassionato, quasi elementare di chiarezza e di armonia tra esterno e interno”.
Il rapporto con la religione
Dai suoi scritti emerge anche una particolare religiosità. E’ stata definita dalla critica come “la ragazza che trovò Dio durante la Shoah”. Etty viveva la preghiera come un atto di sincera fiducia nel Signore e nel prossimo, con l’unico scopo di sentirsi vicina a Dio.
Febbraio 1942, sabato sera, mezzanotte e mezzo: “Certo che ogni tanto si può esser tristi e abbattuti per quel che ci fanno, è umano e comprensibile che sia così. E tuttavia: siamo soprattutto noi stessi a derubarci da soli. Trovo bella la vita, e mi sento libera. I cieli si stendono dentro di me come sopra di me. Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore. La vita è difficile, ma non è grave. Dobbiamo cominciare a prendere sul serio il nostro lato serio, il resto verrà allora da sé: e “lavorare a se stessi” non è proprio una forma d’individualismo malaticcio. Una pace futura potrà essere veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se stesso – se ogni uomo si sarà liberato dell’odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest’odio e l’avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo. È l’unica soluzione possibile. E così potrei continuare per pagine e pagine. Quel pezzetto d’eternità che ci portiamo dentro può essere espresso in una parola come in dieci volumoni. Sono una persona felice e lodo questa vita, la lodo proprio, nell’anno del Signore 1942, l’ennesimo anno di guerra.”.
Febbraio 1942, sabato sera, mezzanotte e mezzo: “Certo che ogni tanto si può esser tristi e abbattuti per quel che ci fanno, è umano e comprensibile che sia così. E tuttavia: siamo soprattutto noi stessi a derubarci da soli. Trovo bella la vita, e mi sento libera. I cieli si stendono dentro di me come sopra di me. Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore. La vita è difficile, ma non è grave. Dobbiamo cominciare a prendere sul serio il nostro lato serio, il resto verrà allora da sé: e “lavorare a se stessi” non è proprio una forma d’individualismo malaticcio. Una pace futura potrà essere veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se stesso – se ogni uomo si sarà liberato dell’odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest’odio e l’avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo. È l’unica soluzione possibile. E così potrei continuare per pagine e pagine. Quel pezzetto d’eternità che ci portiamo dentro può essere espresso in una parola come in dieci volumoni. Sono una persona felice e lodo questa vita, la lodo proprio, nell’anno del Signore 1942, l’ennesimo anno di guerra.”.
Una guerriera che va ricordata
Etty aveva trovato nell’amore per Dio un rifugio di pace, un modo per non sentirsi oppressa dalla terribile realtà che stava vivendo. Una donna forte e coraggiosa, Etty, ottimista e che nonostante tutto non perse mai la speranza. Amava la vita. Amava anche solo l’amore in tutte le sue sfumature. Etty era una guerriera e credeva in sè stessa e nelle persone. Etty è morta a soli 29 anni e ricordarla, oggi, è un atto di amore non solo nei suoi confronti, ma nei confronti di tutti gli ebrei e non, morti durante la seconda guerra mondiale.
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