Filosofia e storia dell’arte: quanto conta il settore umanistico per la società?
Al giorno d’oggi si tende a dare sempre più importanza alle materie scientifiche. Perché? Perché sono materie adatte al mondo del lavoro, che danno più sbocchi lavorativi, che hanno una complessità maggiore rispetto alle altre e per questo vengono viste come intoccabili.
Ma chi dice che le materie umanistiche non abbiano la stessa valenza? Chi ha mai detto che non portino nessun vantaggio nel mondo del lavoro? Questa distinzione dura da anni e per quanto una fetta di popolazione sia amante del settore umanistico, la stragrande maggioranza delle persone pensa sempre di dover fare le dovute differenze e parlare a sproposito. Tutto questo parlare con luoghi comuni e privi di fondamento da fastidio. È come se si volesse screditare sempre più un qualcosa che ci ha donato tanto e continua a farlo. Qualcosa che anche i sapientoni della matematica e dell’ingegneria amano. Sto parlando della letteratura, del cinema, della musica, dell’ arte, della poesia, della filosofia, della storia. Ambiti umanistici degni di nota che non solo sono applicabili al mondo del lavoro ma anche agli interessi del singolo. Quando un matematico o un ingegnere esce dal suo ufficio, dalla sua azienda,dal suo posto di lavoro, tutto ciò che svolge come professione, non può di certo essere considerato anche un hobby o un interesse culturale. Facciamoci caso: l’insegnante di italiano avrà il suo bel libro da leggere e quello di storia dell’arte la sua mostra da preparare, andare a vedere, i suoi quadri da dipingere, una scultura da realizzare. Con questa differenziazione non voglio di certo esprimere il mio malcontento per il settore scientifico ma solamente dire che entrambi i settori hanno la loro importanza e che forse l’ambito umanistico eccelle anche e soprattutto al di fuori della sfera lavorativa.
Non parlo di italiano, storia, geografia che hanno più voce in capitolo. Ultimamente leggo sempre più articoli rispetto alla storia dell’arte e alla filosofia e alla loro importanza nelle scuole . Si parla di voler aumentare le ore, di volerle insegnare sin dalle scuole elementari e di voler far capire agli alunni che sono delle materie grazie alle quali poter formare pensiero critico, riflessione profonda, apprendere ciò che siamo, da dove veniamo. Tutto questo perché ci si rende sempre più conto di quanto sia necessario tornare alle origini, pensare, scoprire, indagare.
Tutte le materie sono importanti
Nel settore umanistico, in effetti, a livello lavorativo, filosofia e storia dell’arte sono le materie più a rischio. Se si pensa all’insegnante di italiano, lo si da per certo, per sicuro, lo si riconosce come figura portante della classe perché si sa, l’italiano è la nostra lingua, bisogna saperlo, bisogna leggere, saper scrivere, saper affrontare un dibattito e portare avanti tesi e antitesi di un argomento perché il domani è nelle mani di chi sa interloquire e poi una buona dialettica è un punto a favore e conoscere la letteratura è fondamentale. È tutto giustissimo. L’italiano con la sua grammatica e letteratura è un mondo fantastico, oserei dire mistico. Ma cosa succederebbe se anche filosofia e storia dell’arte avessero la loro chance? Se i professori avessero più voce in capitolo e la possibilità di rendersi visibili? Se avessero così tanto da dire e dare per esser visti come membri fondamentali e necessari di un corpo docente? Se così facendo il mondo del lavoro e la società le vedesse sotto un’altra luce? Io direi che le cose cambierebbero in meglio. Non si farebbero più distinzioni o magari si perché ci sarà sempre chi avrà voglia di dire la sua e di ammettere la superiorità di una professione / materia rispetto ad un’altra. Ma il punto è un altro: il mondo avrebbe un qualcosa in più. Le persone avrebbero un pensiero diverso e questo è già qualcosa. Un’opinione diversa. Un’opinione migliore. Perché il sapere è tutto importante e non solo a metà.
Altri articoli che ho trovaro interessanti sono quelli che parlano della figura umanistica nelle aziende. Ci pensate? Un colpo al cuore per coloro che da impiegati di un’azienda di economia e marketing si ritrovano col filosofo in ufficio che dà direttive sul da farsi e contribuisce al risultato finale del lavoro.
In Inghilterra poi. Figure come quella sel filosofo, dello storico dell’arte, del latinista, del bibliotecario, dell’esperto di biblioteconomia e bibliografia sono così richieste che se tutti gli italiani laureati nel settore delle scienze umanistiche si trasferissero a Londra, avrebbero un impiego assicurato.
Bisogna andare oltre i cliché
Non sono mai stata affine ai cliché, all’omologazione delle masse schiave di un meccanismo di pensiero standardizzato.
Bisognerebbe sempre andare oltre, non farsi convincere, non farsi iniettare nel cervello cose che non sono vere. Se il sapere ha così tanti ambiti, scompartimenti, protagonisti e va in così tante direzioni e spesso le materie di cui è composto si abbracciano creando una fusione perfetta, perché dare poco credito ad un sapere per favorirne un altro? Perché non amare tutto ciò che la cultura offre, restando liberi di scegliere ciò che più ci piace e cercare di non sottovalutare?
In conclusione (non è una presa in giro ma solo un modo scherzoso per concludere degnamente il discorso), i numeri serviranno anche a contare ma la matematica si apprende leggendo dai libri.
I libri aprono la mente e servono a formare il pensiero e in quel caso i numeri ci ricordano solo le pagine che stiamo sfogliando.