Io sono leggenda è un romanzo fantascientifico/horror del 1954 dello scrittore statunitense Richard Matheson. Oltre a rappresentare un caposaldo della letteratura di genere fantascientifico, segna anche un’importante rottura dell’immaginario del vampiro classico. Il romanzo è stato edito in Italia la prima volta nel 1957 da Longanesi. Ha avuto diverse trasposizioni cinematografiche, la più famosa delle quali è l’omonima Io sono leggenda del 2007, del registra Francis Lawrence con interprete Will Smith nei panni di Robert Neville, il protagonista.

Titolo: Io sono leggenda
Anno
: 1957
Casa editrice
: Fanucci Editore
Genere
: Romanzo fantascientifico post-apocalittico/horror
Traduttore
: Simona Fefè
Lunghezza:
 183 pagine
Punto di vista
: Narrazione a focalizzazione zero 
Valutazione
: ★ ★ ★

Aveva cercato di adattarsi a ciò che gli pareva sinceramente inevitabile: l’idea di essere rimasto solo al mondo.

Richard Matheson

Richard Matheson nasce ad Allendale, nel New Jersey, nel 1926, ma passa la sua infanzia a Brooklyn. Ad 8 anni già scrive e pubblica poesie sul giornale Brooklyn Eagle. Nel 1951, dopo essersi diplomato ed essere stato congedato dall’esercito, si trasferisce in California, dove entra a far parte dei Fictioneers, un gruppo di giovani scrittori che si dilettano nello scrivere gialli. Inizia a pubblicare diversi racconti e romanzi, tra cui Io sono leggenda e Io sono Helen Driscoll, due grandi successi, e a lavorare come sceneggiatore. Nel 1959 inizia a collaborare con Rod Serling a I confini della realtà. Si consolida così la sua fama sia di scrittore che di sceneggiatore e nella sua carriera, di oltre cinquant’anni, vince numerosissimi premi. Muore nel 2013. È considerato uno dei maggiori esponenti del genere fantascientifico.

Non si udiva altro che il suono dei suoi passi e il canto degli uccelli. «Un tempo pensavo che cantassero perché tutto andava bene nel mondo», pensò Robert Neville. «Ora so che mi sbagliavo. Cantano perché sono stupidi».

Trama

Robert Neville conduce una vita apparentemente normale: torna a casa dopo una lunga giornata di duro lavoro, cucina, ascolta la musica, beve un whiskey mentre legge. Ma la sua vita non ha niente di normale. Perché Neville è l’ultimo uomo sulla Terra in un mondo dominato da vampiri. Nella sua esasperante solitudine, Robert esegue la sua missione cercando di capire cosa è successo al mondo, studiando il fenomeno e le antiche storie dei vampiri. Durante la notte, deve rimanere in casa, perché è lui la preda. Di giorno, ripete un sanguinario rituale, sempre identico, ma che ogni volta lo lascia sconvolta per la sua ferocia. Ma nonostante la sua lotta, Neville, con la sua unicità, si è già trasformato in leggenda.

Il tempo aveva perso la sua qualità pluridimensionale. Per Robert Neville esisteva soltanto il presente; un presente basato sulla sopravvivenza quotidiana, scandito dall’assenza di picchi di gioia o abissi di disperazione. Sono a un passo dallo stato vegetale, pensava spesso.

Una scrittura retorica

Io sono leggenda è un libro con notevoli punti forti e degli altrettanto notevoli punti deboli. Anzitutto, il romanzo è viziato da una scrittura a volte retorica e soprascritta: il protagonista, Robert Neville, ripete costantemente certi pattern di comportamento, ha crisi di rabbia eccessive, che rendono il personaggio anche troppo sopra le righe, pur calcolando il contesto in cui si trova a vivere. Oltre ciò, ci sono delle incongruenze durante il racconto abbastanza vistose, nonostante non intralcino effettivamente il percorrere della storia. Sembrano più degli inciampi che lo scrittore avrebbe potuto sistemare con più accortezza e che rendono a volte la scrittura un po’ goffa.

Ciò nonostante, le idee sono ottime e i meccanismi di narrazione, pur con queste sbavature, ingranano. La storia funziona e porta ad un finale con una morale tutt’altro che prevedibile. Il romanzo non è stato reso memorabile dai personaggi, insomma, quanto dall’idea di fondo di Matheson, quella di rivoluzionare del tutto la letteratura vampiresca, rovesciando la situazione tipica di ogni romanzo di questo genere e, soprattutto rivoluzionando la figura del vampiro stesso. Da aristocratico solitario, ad orda senza ceto. Dal vampiro, dunque, allo zombie.

Morire, senza conoscere la gioia intensa e il relativo conforto dell’abbraccio di chi si ama. Affondare in quel coma orrendo, poi nella morte, e forse tornare per compiere vagabondaggi sterili, spaventosi. Senza sapere cosa significasse amare ed essere amati. Una tragedia che superava quella di trasformarsi in vampiro.

Dal singolo all’orda: dal vampiro allo zombie

Anzitutto, il romanzo è ambientato in un contesto post-apocalittico, circa vent’anni dopo gli anni in cui Matheson sta scrivendo il libro – che è del 1954, mentre i fatti narrati avvengono nel 1976. E già questo è un dato fondamentale: se la letteratura è lo specchio della società, un romanzo con protagonista il classico vampiro vittoriano, inserito in un contesto simile, sarebbe sembrato quantomeno anacronistico o, comunque, non avrebbe reso affatto le intenzioni di Matheson. In questo romanzo infatti prende avvio una prima, importante, rivoluzione: si capovolge la situazione classica dei romanzi vampireschi che vedono il singolo vampiro (di solito aristocratico, di bell’aspetto e carismatico) che viene stanato da un gruppo di uomini che rappresentano la “normalità”, la quale si contrappone a lui, la creatura sovrannaturale per eccellenza. In un mondo dominato dalla normalità, il vampiro è un’anomalia da abbattere.

Già con Carmilla avevo parlato del fatto che la figura del vampiro rappresenti per certi versi anche la paura che la società nutriva (nutre?) verso il diverso e lo straniero. Non è un caso, infatti, che Carmilla, Dracula, Nosferatu, La Señora (giusto per citare solo alcuni dei vampiri più famosi della letteratura e del cinema) abbiano in comune una cosa: sono tutti stranieri e vengono narrati nei racconti da protagonisti appartenenti all’alta borghesia o all’aristocrazia dell’Europa occidentale.

In Io sono leggenda, però, questo rapporto si capovolge e l’anomalia diventa Robert, ultimo uomo della “specie” umana sopravvissuto, attorniato e predato da quella che è a tutti gli effetti la “specie dominante”: i vampiri.

Il gruppo, l’entourage caccia-vampiri si condensa nel singolo uomo-preda alle prese con una società diversa in cui lui è, a tutti gli effetti, l’escluso, il debole. La non-norma.

In Io sono leggenda, i meccanismi della letteratura vampiresca si trasformano e si adattano al contesto della società moderna: il vampiro, simbolo di una aristocrazia decadente e di un fascino verso il proibito e il diverso, rappresentato nelle vesti del malato tisico (la malattia rappresentativa dell’ottocento) si trasforma nell’orda dissennata, quasi emblema della malattia che caratterizza la nostra epoca, il capitalismo.

In questo suo massificarsi in un’orda, il vampiro perde il bene dell’intelletto e si svuota del suo Io.

Lo svuotamento della creatura, la sua mancanza di intelletto, il suo agire in un’orda, sono tutti richiami e critiche alla società che proprio in quegli anni stava volgendo nella spirale del capitalismo di cui ancora oggi siamo vittime.

Nel romanzo c’è dunque una trasformazione fondamentale. Il vampiro perde quasi tutte le sue caratteristiche: anche il morso elegante e chirurgico del vampiro ottocentesco viene sostituito da uno sbranamento indiscriminato dell’intero corpo della preda, in una crudele macellazione che di elitario ha ormai ben poco. Così come poco ha a che fare con la connotazione più esplicitamente erotica del morso.

Il vampiro, insomma non ha più niente dell’immortale figura resa celebre da numerosi racconti e romanzi fino a giungere al più celebre Dracula, ma si è trasformato in creatura nuova, quella che con Romero e il suo La notte dei morti viventi troverà la sua forma definitiva: lo zombie.

Ora sono io l’anormale. La Normalità è un concetto di maggioranza, la norma di molti, e non la norma di uno solo.

Conclusioni

Io sono leggenda è un romanzo fondamentale per ogni appassionato del genere. Nonostante qualche svista, la lettura procede agevolmente e, personalmente, l’ho letto in poche ore: il ritmo è incalzante e ci si trova immersi nel mondo di Neville, nella sua lotta uno contro molti. Ho trovato le spiegazioni scientifiche un po’ surreali ma, nel complesso, il romanzo è un’ottima lettura. La conclusione, senza fare spoiler, è piuttosto imprevedibile ed in linea con tutto il percorso del romanzo: una morale decisamente amara che ben si sposa con la critica capitalistica che si legge tra le righe.

Aderire alla norma sociale, sembra dirci Matheson, è l’unico modo per poter sopravvivere.

Il cerchio è completo. Un nuovo terrore prende forma dalla morte, una nuova superstizione penetra la fortezza inattaccabile dell’infinito.
Io sono leggenda.

A presto,

Michela

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Qui vi lascio la mia ultima recensione su L’amore ai tempi del colera.

Qui trovate altri due consigli a tema vampiri: la mia recensione su Carmilla e quella su Fosca.

Written by

Michela

Michela, 20+4, femminista, procrastinatrice seriale, a metà tra Verona e il mare del Molise. Leggo, scrivo, mi lascio stupire dal mondo e cerco di non arrabbiarmi troppo per i ritardi dei treni.