Arthur vive a Gotham con la madre, lavora come clown per quattro soldi ed ha uno strano disturbo che gli causa risate quando si trova a disagio. È l’ultimo degli ultimi, al lavoro subisce il furto di un cartello pubblicitario che stava esponendo sulla strada. Durante l’esposizione del cartello Arthur danza in maniera bizzarra e nessuno ha nulla in contrario, è normale per un clown. Danza senza musica ma noi sentiamo un accompagnamento musicale, è cinema muto, c’è tutto: la scritta, l’immagine, un uomo truccato e la musica. Quando viene derubato del cartello ecco che appare il sonoro, la sua prima parola, il cinema è diventato sonoro, inizia la nostra storia. Mettiamo da parte un attimo la questione del cinema muto, tornerà, e concentriamoci sul resto.
Dopo il furto del cartello Arthur viene picchiato e non protegge il suo volto, quello non è il suo volto, è mascherato. Protegge i genitali. Arthur è uomo checché ne dica chi gli sta intorno, è un essere umano e non un rifiuto. Eppure rischia di essere rifiutato anche dal lavoro di clown. Quel cartello rubato e distrutto gli sta quasi costando il posto di lavoro. Mentre torna a casa tenta di far ridere un bambino, esempio di purezza appena affacciatasi al mondo e ignara di ciò che è Gotham. La madre istintivamente lo protegge, lei sa che cos’è quella città, lei è una degli ultimi, un’afroamericana e quindi una minoranza. Arthur ride perché si sente a disagio e mostra un cartellino che spiega il suo problema. La signora si scusa, la signora è gentile con lui.
Arthur vuole fare il comico, è il suo sogno ma deve guadagnare e perciò continua il suo lavoro cercando di farlo al meglio, accetta una pistola da un suo collega che gliela offre per proteggersi da altre aggressioni. Conosce anche una vicina di casa afroamericana alla quale si affeziona. Una volta a casa con la madre Arthur si rilassa guardando il suo programma preferito, lo show di Murray Franklin, un comico al quale lui si ispira al punto da immaginarsi intervistato tra il pubblico e apprezzato da tutti e in special modo da Murray stesso. Arthur ha una grande fantasia ma è sempre uno degli ultimi di una società ultra capitalistica che produce spazzatura di ogni tipo, Gotham è invasa dai ratti e dall’immondizia, Gotham è piena di povera gente che fatica a vivere come la psicologa che segue Arthur (afroamericana anch’essa), la madre di Arthur e ovviamente lo stesso protagonista. La questione della cultura del rifiuto ci deve far riflettere su ciò che la società di oggi è diventata, se tendiamo a guardare con disprezzo i più poveri e a scatenare guerre tra miserabili fomentate da chi è in posizioni di potere non avremo mai un mondo giusto ed equo. La storia di Arthur ci insegna che se non cambiamo la nostra società, la nostra visione del mondo, non avremo altro che terrorismo e nefandezze che continueranno ad alimentare chi di queste cose fa la base della sua propaganda.
Arthur, alla fine di un turno di lavoro in un reparto oncologico pediatrico dove ha perso la pistola, viene licenziato per telefono. Il contatto diretto è annullato, escluso persino da una cosa che lo riguarda in prima persona. Arthur torna a casa ma durante il viaggio in metropolitana tre ricchi ragazzi della prestigiosa Wayne company, la società di Thomas Wayne, magnate favorito a diventare sindaco di Gotham, salgono a bordo ed importunano una ragazza. Arthur non è un eroe, è a disagio e ride. La ragazza offesa e per non rischiare il peggio se ne va e i tre, ubriachi, se la prendono con Arthur che estrae la pistola e li uccide. Arthur non se ne pente, Arthur sta trasformandosi nel prodotto della società, Arthur, che voleva solo fare il comico.
Dopo aver invitato ad un suo spettacolo di cabaret (non un successo, anzi) la sua vicina, Arthur scopre che la sua azione ha causato una reazione nelle frange più basse della società. Lui però non è molto interessato anche se innegabilmente ha piacere nel constatare che dalla sua parte ha parecchie persone, compresa la vicina che definisce l’assassino un eroe. Voleva fare il comico, ora si sente dare dell’eroe.
La madre continua a inviare lettere a Thomas Wayne in cerca di aiuto economico e quando Arthur ne legge una scopre di essere il figlio illegittimo del magnate. Il padre che non ha mai avuto finalmente ha un volto ed è quello che compare in televisione ogni giorno. Arthur decide di andare a parlargli ma non riesce, incontra però il figlio, Bruce che attira dal cancello. L’intervento del maggiordomo Alfred allontana il bambino (anch’egli innocente in quanto bambino) dal possibile pericolo di uno sconosciuto. Arthur è rifiutato e deve fare qualcosa. si intrufola in una proiezione di “Tempi Moderni”, capolavoro muto di Charlie Chaplin. Al cinema ride insieme all’elite di Gotham, il cinema ci rende tutti uguali. Quando vede Thomas Wayne andare in bagno lo segue e gli rivela di essere suo figlio ma tutto gli viene ribaltato, ecco che abbiamo l’ennesimo rifiuto e questa volta il più pesante. Il candidato favorito ad essere sindaco di Gotham rifiuta Gotham stessa, sì perché Arthur non è altro che lo specchio della città, spremuta, vessata, orfana, confusa e abbandonata.
La madre nel frattempo è stata male, due poliziotti l’hanno interrogata perché Arthur non era in casa. Arthur però ormai è deciso a sapere la verità, si reca all’ospedale psichiatrico dove Wayne aveva detto che la donna era stata ricoverata e scopre che esistono documenti sulla sua adozione, confermando così quello che aveva detto il ricco imprenditore. Chi mente? Ecco che entra a gamba tesa il dubbio, sia per noi che per Arthur, non sapremo mai la verità ma questo è irrilevante. Il messaggio è arrivato, questa società permette a chiunque sia in posizione di potere di insabbiare la verità e metterci il dubbio. Solo i diretti interessati sanno cosa è vero e cosa no. Il caso Weinstein è il caso Wayne della nostra realtà. Joker è anche un film che parla di questo.
Arthur è impazzito, nei documenti, veri o meno, erano riportate le vessazioni subite dal piccolo Arthur. Convinto che nessuno gli dica la verità, sua madre compresa, la soffoca nel letto d’ospedale e torna a casa. Siamo in una Gotham dei primi anni ’80, un’epoca che ci viene dipinta come bellissima negli ultimi anni (Stranger Things, IT e tanti altri prodotti) ma che qui appare per ciò che era più di quanto non accada in ricostruzioni realistiche. Gotham non esiste eppure sentiamo il potere del capitalismo sfrenato di quegli anni, dell’edonismo dei ricchi e dello scarto dei poveri. Queste cose c’erano e ce le portiamo ancora appresso, gli anni ’80 di Joker sono più veri degli anni ’80 di tante altre pellicole o serie. Tornato a casa Arthur riceve una telefonata dalla segretaria di Murray Franklin che lo invita in trasmissione. Tutti infatti avevano visto l’esibizione imbarazzante di Arthur, lui compreso quando sua madre era nel letto d’ospedale ancora viva ma in coma. Arthur accetta, infondo voleva fare il comico. Murray però lo vuole soltanto per prendersene gioco.
Joker sta nascendo, Arthur si tinge i capelli di verde, inizia a dipingersi il volto con il bianco dei clown ma suonano alla porta, sono due colleghi, quello che gli ha dato la pistola e il nano. Arthur/Joker uccide il collega che gli aveva dato la pistola e risparmia l’altro suo collega che, come lui, era sempre vessato da tutti a causa della sua statura. Arthur non è ancora del tutto Joker, questo lo spinge a salvare il collega.
Qual è il luogo in cui noi siamo tutti uguali? Il luogo che obbligatoriamente dobbiamo percorrere per recarci nei post più disparati? La strada. Strada che unisce la casa di un povero a quella di un ricco, che vede affiancarsi il benestante e il clochard, la strada dove può esserci un buon samaritano che ti aiuta oppure tanta altra gente che ti snobba, la strada che ci mette tutti allo stesso livello, dove nascono rivolte, dove si osservano bellezze e brutture. Joker, del tutto formato, si esibisce per la prima volta sulla strada in un balletto disarticolato e completamente casuale che si conclude con una fuga dai due agenti che lo seguono. Si ritorna in un altro luogo dove tutti siamo uguali, la metropolitana e vediamo che mole persone si sono mascherate da clown, qualcosa sta nascendo e Joker ne è l’autore. Sicuro di sé cammina verso la sua consacrazione. Lo show lo attende.
Nel camerino Joker abbandona definitivamente Arthur, scrive sullo specchio la frase che sua madre gli ripeteva sempre e la lascia lì, ora è completa la trasformazione. Joker entra in scena con una danza che esprime tutta la sua sicurezza di sé, si siede e torna a fare scena muta, il cinema ha bisogno di immagini ma la televisione ha bisogno di parole, troppe parole. Un’intervista incalzante porta Joker alla sua esaltazione, spara al conduttore che voleva prendersi gioco di lui buttandolo in pasto ai media. Ora nessuno ride più per Joker.
Viene arrestato e portato via in una volante della polizia mentre guarda la città bruciare. Un’ambulanza travolge la macchina e i due uomini che ne scendono, anch’essi mascherati, lo estraggono come un Cristo deposto e lo mettono sul cofano dell’auto. Quando si alza in piedi Joker sale sul tetto della macchina, Gotham è ai suoi piedi, finalmente qualcuno lo nota. Poco dopo in un vicolo vengono uccisi Thomas Wayne e sua moglie. Bruce Wayne rimane orfano e Gotham rimane nel caos.
Joker ride.
La scena passa ad un ospedale psichiatrico dove Joker è detenuto. Ancora una volta è una donna afroamericana a parlare con lui ma questa volta viene uccisa. Guarda Gotham cosa ha causato la guerra fra poveri, guarda la cultura dello scarto cosa ha prodotto, guarda come un uomo che non voleva altro se non essere felice è diventato emblema del male, cosa farai per correre ai ripari? Cercherai di sopprimere ancora e ancora o aiuterai il prossimo? Tratta chiunque come vorresti essere trattato, non sottomettere un altro essere umano. Guarda Gotham, ora stai bruciando.
Questo Cinefumetto è cinema allo stato puro, è politico come i film di Carpenter, psicologico come “Taxi Driver” e “Re per una notte” (con i quali condivide anche Robert De Niro), è attuale come il miglior cinema d’autore ed intrattiene dall’inizio alla fine. Il tempo ci dirà se questo può essere considerato un capolavoro ma credo che non siamo molto distanti. “Joker” utilizza il cinema nel modo migliore, per suscitare nello spettatore delle riflessioni che possono essere applicate alla vita vera. Non un film su un personaggio ma un film su una persona e quando è così vale centomila volte film con gente che vola e si prende a botte con effetti speciali vuoti.
Lorenzo