Su consiglio di Mr. Marra (seguite il suo canale YouTube Mr. Marra e il Cerbero Podcast su Twitch) ho recuperato un racconto breve che non avevo mai letto: “L’immortale” di Jorge Luis Borges, scrittore argentino nato nel 1899.
Si tratta di una storia semplice ma che lascia tantissimi spunti di riflessione sulla vita e sulla morte.
Rufo è un tribuno Romano che viene a conoscenza dell’esistenza di una città dove vivono degli immortali. Riesce a radunare delle truppe e parte alla scoperta di tale città fino ad arrivare, da solo in un luogo dove vivono delle specie di esseri selvaggi. Entrando nella città si troverà di fronte alla verità.
Leggetelo, sono poche pagine ma aprono la mente.
La mia analisi
Premetto che quello che scriverò sono le riflessioni che questo racconto ha prodotto nella mia mente quindi non prendete queste come un’analisi alle intenzioni dell’autore ma piuttosto come un prodotto della sua arte.
Spesso mi è capitato di chiedermi come sarebbe la vita immortale e la risposta più banale che mi è venuta in mente è “fantastica!”. Ad un’analisi più attenta però la questione cambia, sarei solo e vedrei morire tutte le persone attorno a me, sarebbe quindi una sofferenza. Andando ancora più a fondo, grazie a questo racconto, il ragionamento si spinge sempre oltre fino a raggiungere la chiave: un immortale non ha stimoli, si limita ad esistere e, a differenza degli animali che hanno un istinto di sopravvivenza l’immortale in quanto tale ne è privo. Ne consegue che non ricerca più nulla dalla vita, se le esperienze che facciamo e possono essere numerose, servono a riempire la nostra esistenza un’esistenza senza fine porta inevitabilmente a una frustrazione. Tu sai che non potrai mai riempire la tua esistenza qualsiasi cosa tu faccia. Ed è qui che la nostra mortalità viene ritenuta preziosa in quanto dà valore a una vita che può essere riempita di esperienze e può avere un vero scopo.
Ci tenevo a mettere nero su bianco questi pensieri e a consigliarvi la lettura di questo piccolo grande capolavoro della letteratura.
Lorenzo
Sono tornata qui dopo aver letto questo articolo. Ho acquistato il libro e l’ho letto e poi sono tornata a leggere la recensione.
Io non so cosa ne penso esattamente, sicuramente ho cambiato anche io la mia idea sull’immortalità. Ma se le persone che ami fossero immortali come te e tu potessi vivere per sempre con loro?
Io leggerei sempre libri, cucinare, guardare film e cercherei di imparare più cose possibili.
Questo però non so se funzionerebbe… effettivamente sarebbe come una linea tendente ad infinito in un mondo finito
Non credo che funzionerebbe proprio perché la consapevolezza che tutto ciò non porterebbe a niente, dopo un po’ gli stimoli finiscono, quante volte capita (almeno a me) di non aver voglia di fare nulla e quante volte questa cosa passa pensando che qualcosa va fatto, che ogni giornata ha un valore proprio perché sono limitate. Non avere limiti farebbe perdere il valore e il senso alle cose.