“Per essere quello che vuoi devi scordarti di quello che sei.” In questo modo si chiude “Correre”, brano scritto dal giovane rapper campano Anastasio, che riassume quello che è lo scontro fra l’essere ed il dover essere. La giovane promessa del rap italiano ci pone dinanzi un quesito esistenziale: desideriamo così tanto affermarci nella società da rischiare di perdere noi stessi?
Correre
Fin da piccoli veniamo immersi in un sistema scolastico che ci stimola a fare sempre di più. Veniamo spinti a competere gli uni contro gli altri, senza 4preoccuparci troppo di schiacciare i più deboli.
Crescendo, infatti, questa corsa contro il tempo finisce per degenerare in una sorta di lotta per la sopravvivenza. Accecati dalla fretta di trovare un nostro posto nella società, diveniamo di conseguenza estranei a tutto ciò che ci circonda e soprattutto a ciò che siamo.
Uniformità sociale
Non rendendocene nemmeno conto ci conformiamo sulla base di regole, non scritte, ma che vengono dettate da una società, che per quanto possa cambiare ed evolversi, conserva in sé il seme di un passato, che fatica a morire. Ci si proietta davanti un film che abbiamo già visto ed un destino che è stato già vissuto da altri prima di noi.
Ma timorosi che il mondo possa giudicare le nostre scelte, percorriamo una strada battuta più e più volte, che passa per un lavoro che non ci appassiona, per un matrimonio che ci ha portati a disprezzare l’amore, e per degli figli, a cui abbiamo dato il nome dei nostri genitori. Scegliamo, quindi, di attraccare in un porto sicuro, in modo tale da garantirci stima ed approvazione sociale.
Appagamento virtuale
Spinti dunque da un’insicurezza di fondo, ci facciamo largo tra la gente a forza di gomitate per raggiungere una vita che in verità non vogliamo, ma che abbiamo ottenuto con tanta fatica. Scopriamo però troppo tardi di essere insoddisfatti ed andiamo alla ricerca di un’alternativa alla realtà in cui siamo bloccati. Ci accontentiamo ormai con poco trovando appagamento emotivo in un mondo virtuale, che ci permette di vantarci delle cose possedute, ma non di godercele per davvero.
Siamo, a questo punto, diventati ciò che la società voleva che diventassimo, dimenticandoci di ciò che eravamo. Abbiamo rinunciato alla nostra identità per ritrovarci ad indossare una maschera cucita da altri e che tra l’altro ci sta stretta. Ma ormai non possiamo più toglierla, è pur sempre l’ultima che ci è rimasta.
Alessia