Da come si può ben capire dall’immagine posta in evidenza, oggi parleremo di un uomo che forse non ha nemmeno bisogno di presentazioni: Ludwig Van Beethoven, uno dei pilastri della musica classica!
Non sono qui per una lezione di storia della musica o di armonia, purtroppo non credo di esserne ancora capace. L’obiettivo di oggi è semplicemente quello di svelare qualche curiosità sul noto pianista tedesco, nonchè compositore e direttore d’orchestra. Insomma, un po’ di gossip su questo “genio tormentato” per avvicinare, mi auguro, non solo musicisti, ma anche lettori curiosi.
- Infanzia: un padre brutale e l’inizio del suo percorso.
Beethoven nacque a Bonn nel 1770 da una famiglia di origini umili. Spartiti e strumenti in casa sua erano presenti da almeno due generazioni. Il padre Johann, era un musicista, dedito all’alcool, che educò i suoi figli con molta durezza; fu proprio quest’ultimo, però, a far avvicinare il piccolo Ludwig allo studio del pianoforte. Dopo il successo del genio salisburghese (Mozart), si era incaponito a fare del figlio un piccolo bambino prodigio da esibire nelle corti dei nobili dell’epoca. In effetti, il piccolo Ludwig prometteva bene, ma non come il suo predecessore; perciò, il padre ebbe un’idea molto astuta, oggi diremmo “marketing”: presentò suo figlio come un bambino di sei anni, ma in realtà ne aveva otto, e per essere sicuro di non essere scoperto convinse anche il figlio, tant’è che Beethoven si accorse dell’errore solo da adulto.
Si dice che a volte il padre, completamente ubriaco, costringesse Ludwig ad alzarsi dal letto a tarda notte, ordinandogli di suonare per intrattenere i suoi amici. Così come la sua educazione, anche la sua istruzione musicale fu alquanto burrascosa: il padre lo affidò inizialmente ad un certo Tobias Pfeiffer, che si dimostrò un ottimo musicista, ma non un buon insegnante; successivamente Ludwig venne seguito dall’organista di corte Aegidius van der Aeden ed anche da Christian Gottlob Neefe, il quale gli impartì lezioni di composizione.
- Un pianista ormai affermato
Alla fine del XVIII secolo, Vienna era la capitale incontrastata della musica occidentale e rappresentava il luogo ideale per un musicista desideroso di fare carriera. Beethoven si trasferì nella capitale austriaca all’età di ventidue anni e a ventotto era già sulla bocca di tutti i viennesi: persino Haydn, dal quale aveva ricevuto lezioni, diventò suo ammiratore, nonchè grande amico! La fortuna era decisamente dalla sua parte, gli editori si contendevano le sue composizioni, disponeva di cospicue somme di denaro, si curava ed era ben vestito. Finalmente poteva ritagliarsi un ruolo nella società senza dipendere, come aveva fatto per vari anni e come molti ancora facevano, dai nobili e dalle loro richieste. Ora discuteva da pari a pari coni patrizi, fiero della sua nobiltà morale e intellettuale, al cui confronto la nobiltà di sangue impallidiva.
“Principe, ciò che siete, lo siete per nascita. Ciò che sono, lo sono per merito mio. Di principi ce ne sono e ce ne saranno migliaia. Di Beethoven ce n’è solo uno”
- Perdita dell’udito e relazioni sentimentali difficili
Quando tutto sembrava andare per il verso giusto, il fato cominciò ad essergli ostile e accadde ciò che non dovrebbe mai capitare ad un musicista: iniziò a perdere l’udito.
Lo shock del pianista fu tremendo e possiamo captarlo leggendo il suo testamento, redatto all’età di trentun anni:
“O voi uomini che mi credete ostile, scontroso, misantropo o che mi fate passare per tale, come siete ingiusti con me! Non sapete la causa segreta di ciò che è soltanto un’apparenza […] pensate solo che da sei anni sono colpito da un male inguaribile, che medici incompetenti hanno peggiorato. Di anno in anno, deluso dalla speranza di un miglioramento […] ho dovuto isolarmi presto e vivere solitario, lontano dal mondo […] se leggete questo un giorno, allora pensate che non siete stati giusti con me, e che l’infelice si consola trovando qualcuno che gli somiglia e che, nonostante tutti gli ostacoli della natura, ha fatto di tutto per essere ammesso nel novero degli artisti e degli uomini di valore.”
Le sventure non sono mica finite qui! Sul maestro piovvero altre sventure: problemi familiari, malesseri fisici e relazioni sentimentali difficili.
Ed è proprio su quest’ultimo punto che vorrei soffermarmi: Beethoven si innamorò molte volte, spesso anche delle sue allieve, ma ovviamente tutte giovanissime e di sangue nobile, dunque un’ illusione in partenza. Tra queste merita di essere ricordata la sedicenne Giuletta Guicciardi, alla quale dedicò una delle sue sonate più belle, ovvero la sonata per pianoforte n. 14 in Do diesis minore Quasi una fantasia, più comunemente nota sotto il nome di Sonata al chiaro di luna.
Beethoven si innamorò perdutamente di questa giovane aristocratica, pur essendo consapevole di un’unione impossibile a causa delle differenze di età e soprattutto di status.
“La mia vita è diventata ora più amabile, perché frequento di più le persone; non puoi immaginare il senso di vuoto e la malinconia che mi hanno accompagnato in questi due ultimi anni, la debolezza d’udito mi opprimeva ovunque come uno spettro e io fuggivo gli uomini; dovevo apparire misantropo, io che invece lo sono così poco; questa trasformazione è merito di una cara, incantevole ragazza, che mi ama e io amo, in due anni sono questi i soli momenti beati ed è la prima volta che sento che il matrimonio potrebbe renderci felici; purtroppo essa non è del mio ceto sociale e ora non mi potrei davvero sposare”.
(Lettera all’amico d’infanzia Franz Wegeler)
Se questo articolo vi ha incuriosito e volete conoscere qualche aneddotto in più sulla storia della musica classica, vi consiglio il libro “Mozart era un figo, Bach ancora di più”, da cui ho preso spunto per scrivere l’articolo.
-Mariapia Fasano