The Handmaid’s Tale è una delle migliori serie tv prodotte negli ultimi anni. Lo show, in particolare la prima stagione, è tratto da un romanzo distopico, scritto nel 1985 da Margaret Atwood, chiamato “Il racconto dell’ancella”. Ci sono voluti molti anni prima che qualcuno si accorgesse di questo romanzo e che decidesse di renderlo una serie tv, infatti, questo show è iniziato nel 2017; dopo ben 32 anni dalla pubblicazione del libro. Vi è inoltre da dire che in Italia la prima stagione è stata trasmessa mesi dopo l’America, perché non vi erano piattaforme che volessero mandarla in onda, fino a quando non è arrivata TIMvision a salvarci.
Una panoramica di The Handmaid’s Tale
Comunque, torniamo alla serie. The Handmaid’s Tale parla di donne, di come queste persone vivono in un governo guidato dagli uomini. Mi spiego meglio. Il romanzo è ambientato in un mondo distopico in un futuro non troppo lontano dai giorni nostri. La particolarità di questo avvenire riguarda la fertilità: data l’alta presenza di aria contaminata e inquinata, il numero delle donne sterili inizia a superare di gran lunga quello delle donne fertili. Un gruppo di persone decide di applicare un passo biblico alla lettera, con lo scopo di portare un innalzamento della popolazione. Il nuovo governo si chiama Gilead ed è guidato dai “Comandanti”, uomini che distinguono le donne fertili da quelle sterili e che educano le prime ad essere le madri surrogate dei loro figli. Il nuovo governo maschile decide che le donne vanno tenute sotto controllo e soggiogate: non potranno leggere, lavorare o maneggiare denaro. Insomma, detto in parole povere, il genere femminile viene ritenuto utile solo per sfornare bambini. Le donne vengono suddivise in classi:
- le “ancelle”. Sono le donne fertili. Si riconoscono dalle altre perché si vestono di rosso.
- le “marte”. Sono donne sterili che hanno il compito di occuparsi delle case e delle famiglie dei Comandanti. Svolgono il ruolo di domestiche. Si riconoscono perché sono vestite di grigio.
- le “mogli”. Sono le spose dei Comandanti, si occupano della casa e sono vestite di verde.
- le “zie”. Hanno il compito di educare le ancelle a svolgere bene il loro compito, senza lamentarsi o creare problemi di nessun tipo.
La bellezza e la grandezza di questa serie tv sta nella fotografia e nella scelta delle scene. Personalmente considero questo show perfetto, sotto tutti i punti di vista: è curato nei minimi dettagli e non vi è una cosa fuori posto. A partire dalla fotografia: l’importanza di questa tecnica è fondamentale in uno show così “pesante” da vedere, così imponente sotto tanti aspetti. Ecco, le inquadrature mostrano come il mondo di Gilead sia all’apparenza perfetto: tutti attraversano la strada nello stesso momento e c’è una coreografia di fondo che incanta gli occhi al primo secondo. Allo stesso tempo, si concentra molto sui volti. Sono innumerevoli i primi piani concessi all’attrice protagonista, Elisabeth Moss, così come anche alle altre figure protagoniste: questa scelta permette di entrare ancora di più in empatia con la loro storia, col loro vissuto, con tutte le loro emozioni. Nella terza stagione infatti, il percorso di June viene spiegato con i suoi primi piani: grazie ai suoi sguardi lo spettatore riesce a capire a che punto lei sia nella sua crescita personale.
Il cast è sensazionale, è difficile trovare qualcuno che non si immedesimi bene con il suo ruolo. Un particolare interessante, è che questi primi piani vengono concessi prevalentemente alle protagoniste femminili: la storia è la loro; gli uomini sono sullo sfondo, nonostante abbiano le redini della loro vita in mano.
(questa è la meravigliosa Alexis Bledel nei panni di Emily)
(questo è un esempio di come la fotografia sia sensazionale e molto dettagliata)
(un esempio della grandiosità di Elisabeth Moss)
(un accenno della bravura di Yvonne Strahovski)
Come vi ho accennato prima, sono importanti e ben curate anche le scene che si vedono nelle varie puntate. Infatti, guardando The Handmaid’s Tale verrete catapultati in Gilead, in ogni suo angolo, momento ed evento. Non ci sono censure, nessuna cosa viene mascherata al nostro occhio curioso. Spesso la quarta dimensione viene rotta, in particolare grazie alla protagonista June/Offred. A parte questo, tutta la sua vita è davanti ai nostri occhi: ci sono alcune scene che hanno una potenza e una forza tale che spingono lo spettatore a distogliere lo sguardo, non per l’orrore che vede (anche per quello, ad essere sincera) ma perché non sa se riuscirà a resistere alla vista di quella scena. Un esempio è quando mostrano la cerimonia quotidiana che deve avvenire di notte nella casa dei Comandanti. Vedere come loro pensano sia normale concepire un bambino è qualcosa di riprovevole.
Un altro aspetto che consegna bellezza alla serie è il soundtrack. È difficile trovare uno show che consegni così tanta importanza su questo aspetto. Solo per farvi un esempio, la puntata 3×09 è basata sulla canzone “Heaven is a place on Earth”. È impressionante quanto siano perfette le canzoni scelte per accompagnare i loro gesti, le loro vite. Così come per la fotografia, grazie al soundtrack lo spettatore riesce ad entrare ancora di più in empatia con i personaggi e con la storia stessa.
Poi capite perché la ritengo perfetta come serie?
The Handmaid’s Tale è un piccolo pezzo d’arte, come mi piace definirlo. Prima di passare ad alcuni approfondimenti, voglio però dirvi che questa non è per niente una serie leggera, da guardare quando non si ha nulla da fare. È uno show impegnativo, ci vuole attenzione, forza e pazienza quando si guardano le sue puntate. Non prendetela sottogamba o con leggerezza, non se lo merita. Un po’ perché è un pezzo d’arte, un po’ (ma soprattutto) perché tratta un tema sensibile, che può non essere così tanto lontano dai giorni nostri.
La politica di Gilead
Come già anticipato, The Handmaid’s Tale è ambientato in questo mondo che ha estremizzato un passo biblico. La storia che sta alla base di questa serie tv è legata alla storia di Sara e Abramo. Prima della venuta di Isacco, i due non riuscivano ad avere figli. Sara era ormai anziana d’età e non riusciva a rimanere incinta. La moglie ha così suggerito ad Abramo di avere un figlio con uno delle sue schiave più giovani. L’uomo si è lasciato corrompere e da quell’unione è nato Ismaele. Di lì a poco, Sara è poi rimasta incinta ed è nato Isacco. La storia vuole che poi i due decidano di allontanare Ismaele e la madre, così che Isacco rimanga agli occhi di tutti il primogenito legittimo e biologico di Abramo.
Ecco, Gilead ha preso alla lettera quello che Sara ha fatto fare ad Abramo. La cosa paradossale e inquietante, è che anche nella serie tv è una donna che convince un uomo a fare così. Sarà una delle mogli di un Comandante a scrivere un libro in cui viene spiegata questa teoria e poi a convincere il marito a istituirne un governo. La cosa ancora più paradossale è che la stessa donna sarà colei che vuole staccarsi da questo mondo, riconoscendolo come sbagliato e malato.
Tutta la filosofia di Gilead è legata al fatto che loro svolgono il bene divino. Vengono sempre ripetute le frasi: “praise be” (sia benedetto), “under His eye” (sotto il Suo occhio), “may the Lord open” (possa il Signore dischiudere), “blessed be the fruit” (benedetto sia il frutto). Quello che fanno a Gilead è impiantare nella testa delle donne il desiderio di rimanere incinte per svolgere un progetto divino, per un bene superiore.
Questo particolare su cui è basata la serie tv può essere preso d’esempio per quanto riguarda il fatto che ognuno può dare punti di vista diversi alla stessa cosa. Le persone convinte che questo governo sia giusto muoiono per la causa, coloro che lo ritengono sbagliato cercano soluzioni per salvare se stessi ma soprattutto gli altri. Non tutti hanno capito, all’interno di Gilead, che stanno vivendo in un mondo malato, che il Canada è un paese libero e che tutti dovrebbero vivere come loro (Gilead ha conquistato quelli che sono gli Stati Uniti d’America, arrivando fino ai confini con il territorio canadese).
In molti di loro proveranno, nel passare delle puntate, a capire come salvarsi e magari a pensare come scappare da quel mondo malato. Alcuni di loro ci sono riusciti. Molti altri no.
La terza stagione
ATTENZIONE, da qui in poi ci saranno spoiler sulla terza stagione ma anche sulle due precedenti, quindi occhio a quello che leggete!
Le prime due stagioni sono state all’insegna della suspance, dell’azione. Ci hanno permesso di conoscere meglio i personaggi e di odiare Gilead e chi lo sostiene. Questo show penso sia uno dei pochi casi in cui la seconda stagione regge il confronto con la prima, arrivando quasi ad essere perfetta come quella precedente.
La terza stagione è stata diversa. Non c’era più la ricerca spasmodica dell’azione, della tensione, ma c’era una forte crescita introspettiva dei personaggi. Rispetto alle altre due stagioni, questa è stata molto più lenta. Non ci sono state scene d’azione, il cuore non ha subito accelerazioni di battito. Anzi, i nostri occhi si sono inumiditi, abbiamo provato compassione, rabbia, felicità, malinconia, tristezza. Ecco, questi ultimi 13 episodi sono stati all’insegna delle emozioni. I personaggi sono cresciuti e hanno capito che strada percorrere: noi abbiamo provato il loro stesso viaggio introspettivo.
(questa è uno dei motti delle ancelle. La traduzione sarebbe: non consentire che i bastardi ti annientino)
Le prime puntate sono state più movimentate delle altre, ma grazie a una sola di queste c’è stato il plot twist che tutti desideravamo. June ha finalmente capito che tipo di ribellione vuole attuare, ha capito che non deve scappare lei da Gilead, sa chi deve salvare: i bambini. Nella puntata 3×09, June ha finalmente realizzato che l’orrore più grande si riversa sia sulle donne, ma soprattutto sulle bambine. Su quelle piccole donne che non potranno mai decidere chi amare, che dovranno sfruttare il loro corpo alla massima potenza, che dovranno solo sperare di avere il menarca tardi per poter posticipare il loro destino inevitabile.
L’ultima puntata ha un po’ ripreso quell’emozione e tensione delle prime stagioni. Ci ha mostrato come sono state trattate le donne quando sono state catturate, facendoci pensare al destino che avrebbero avuto queste innocenti bambine. Vedere che più di 50 bambine sono state portate in salvo in Canada, mi ha aperto il cuore (e i condotti lacrimali). La scena poi in cui il padre si ricongiunge con la figlia è stata una delle più emozionanti, senza dimenticare quella in cui Luke aspetta speranzoso che dall’aereo scenda Hannah o l’abbraccio tra Emily e la marta Rita. Per non parlare della scelta fatta dalle altre ancelle. Avevano l’opportunità di salvarsi salendo sull’aereo insieme alle bambine, invece sono rimaste per aiutare June nel suo piano. Quella scena è stata una delle più sofferte, ma Janine l’ha fatta senza pensarci due volte: quella non è solo la causa di June, ma è quella di tutte loro ancelle.
Penso che questa stagione, proprio per il lavoro che ha concentrato sui personaggi, sulla loro storia e sul loro “credo”, possa essere paragonata perfettamente alle altre. Non si deve considerare uno show bello solo perché c’è azione, si deve guardare anche la crescita e l’approfondimento di chi è protagonista di quella storia.
Anche Serena ha affrontato un percorso non indifferente. Lei che ha pubblicato quel libro, lei che ha voluto quel mondo, ha deciso di condannare suo marito e di scappare da casa sua per riabbracciare “sua” figlia. La sua è stata una scelta coraggiosa, non lo metto in dubbio, ma molto egoista e anche ipocrita, se posso aggiungere. Quando ha capito che non avrebbe avuto nulla stando dentro Gilead, è uscita senza farselo ripetere due volte, anzi, ha pure ingannato suo marito. Ora, non dico che non se lo meritasse, però ha fatto una scelta subdola. Questo per me è indice del fatto che nonostante lei comunque abbia salvato June (basti pensare all’episodio in ospedale), ha comunque un animo buio dentro di sé.
The Handmaid’s Tale mostra, in particolare in questa stagione, come le persone scelgano di fare cose buone o cose sbagliate. June all’inizio sembrava spinta a convincere le altre persone a fare del male, usava le debolezze degli altri per i suoi scopi, poi alla fine ha scelto di salvare i bambini. Allo stesso modo hanno fatto così anche gli altri personaggi.
Una differenza che ho notato in questa stagione è che si è cercato di mettere sotto una buona luce anche un uomo, il Comandante Lawrence. Penso lui sia il primo caso in cui uno dei responsabili di Gilead (lui era architetto del governo e responsabile delle Colonie) smentisca il suo credo e abbracci la resistenza. Sarà lui infatti ad aiutare June a salvare i bambini. Una piccola menzione d’onore va fatta anche a sua moglie: lei è la prova che se qualcuno la pensa in modo diverso da quello che ti vogliono costringere a credere, vieni considerato pazzo.
Non ci resta che aspettare l’anno prossimo per vedere come va avanti questo meraviglioso show, ma soprattutto come riusciranno a giustificare la mancanza di tutte quelle bambine senza mettere June al muro.
Nel dubbio, si beve buon vino e si guardano serie tv.
Iaiatv