Ci sono libri che creano alte aspettative, vuoi perché tutti ne parlano, vuoi perché sono stati osannati dalla critica. È il caso dei grandi classici, dei best-seller; insomma, di quei libri che tutti, più o meno volentieri, abbiamo letto almeno una volta.

Quando ho deciso di leggere Va’ dove ti porta il cuore di Susanna Tamaro non avevo alcuna aspettativa: volevo un libro corto che mi aiutasse a raggiungere i 40 libri in un anno, una lettura non troppo impegnativa per questi giorni natalizi. Lo avevo comprato tempo fa scegliendolo tra una marea di altri libri usati e ricordo che non lessi nemmeno la trama: mi feci catturare dal titolo e oggi, a distanza di tempo, posso dire che sono stati soldi (pochi) molto ben spesi.

Trama

Non aspettatevi una schiera di personaggi o eventi fuori dal comune: questo libro è una lettera di 163 pagine in cui i diversi giorni fungono da divisione in capitoli. La voce narrante è Olga, una vecchia signora che scrive per riempire le giornate vuote ora che è rimasta a casa da sola. Scrive ogni giorno – o quasi – alla nipote, spirito ribelle che, non sapendo cosa fare dopo la maturità, ha deciso di partire per l’America. Una lettera che somiglia più a un diario non troppo segreto, in cui la protagonista si mette completamente a nudo, ripercorrendo ogni tappa della sua vita e svelando qualche segreto non di poco conto alla nipote, sperando che un giorno possa leggere.

Commento

Se dovessi chiudere l’anno con questa lettura ne sarei enormemente grata perché, dopo aver girato l’ultima pagina, mi sono sentita come a casa. La penna della Tamaro è piacevole, la scrittura è pulita e priva di sbavature, i personaggi sono simili a ognuno di noi. Leggere una lettera d’amore di una nonna a sua nipote è quanto di più tenero si possa pensare, ma attenzione: Olga non riserva solo parole gentili alla nipote, la ammonisce quando serve, ma sempre per il suo bene. Il desiderio di vederla spiccare il volo è palpabile, anche se la mancanza lo è ancora di più.

Nel corso della narrazione, Olga si ritrova a fare i conti con la sua vita ed è così che entriamo in contatto con il rapporto che, più di tutti, l’ha segnata, lo stesso che nel presente crea tanto astio tra lei e la nipote: quello con la figlia, Ilaria, morta in un incidente. La vecchia signora scrive rassegnata di quanto possa essere difficile avere a che fare con una figlia che si diverte a torturarti, che, come dice la Tamaro, “ha come stato l’infelicità”. Ci sono stati punti in cui, viaggiando nei ricordi di Olga, è stato frustrante vederle avvicinarsi appena per poi cadere in una voragine, come se le conoscessi da sempre. Il modo in cui la scrittrice racconta i diversi sentimenti in questo libro è assolutamente vincente; il dolore, l’amore puro e accecante, persino la rabbia, è tutto talmente vero che si può solo andare avanti per sapere chi avrà la meglio.

In conclusione, un libricino da cui non mi aspettavo niente, ma che, invece, mi ha dato moltissimo e che potrebbe essere il degno finale di un anno pieno di bei libri. Un promemoria di quanto i nonni siano preziosi, dall’inizio alla fine.