Ted Bundy, il serial killer più famoso degli stati uniti è protagonista di un’ottima pellicola diretta da Joe Berlinger, autore anche della docu-serie Netflix a riguardo.
L’interpretazione ma soprattutto la scelta di Zac Efron sono la base sulla quale si regge il film. Scegliere un attore attraente è un chiaro messaggio: come il killer aveva schiere di spasimanti per il suo modo affabulatore così il Bundy interpretato da Zac Efron lo rende ammaliatore per il pubblico. Chi non conosce la storia all’inizio può anche pensare che egli sia innocente e questo esperimento ci riporta direttamente ai tempi del processo (anche mediatico) di quest’uomo.
Nonostante il regista venga dal documentario la narrazione scorre fluida e coinvolgente anche per chi già conosce i fatti. Per chi non è a conoscenza di tutti i dettagli la sorpresa aumenta. Bundy non passa come genio del crimine, anzi, le sue scelte sono tutto tranne che geniali.
Ecco quindi la banalità del male, la banalità di un uomo che è del tutto simile a migliaia di altri uomini. Non un genio, non un eroe, non una vittima del sistema mediatico. Uno spreco di umanità, come afferma il giudice (interpretato da John Malkovich) in una scena ricreata alla perfezione. Lo spreco non è solo quello delle vite tolte per mano del killer ma è anche quello dello stesso Bundy. Egli sarebbe potuto essere una persona totalmente diversa ma sono le scelte che ci rendono ciò che siamo.
Lily Collins interpreta la compagna di Ted: Elizabeth. Una donna che ha vissuto con il serial killer e questo non può che avere effetti devastanti sulla sua psiche.
Un bel film che non mostra la violenza ma inquieta perché non ci fa vedere un mostro brutto e bestiale ma un semplice uomo che ha fatto cose terribili.
Lorenzo