Ciao a tutti e a tutte! Eccomi con una nuova recensione di uno spettacolo teatrale: questa volta vi parlo de La classe operaia va in paradiso che ha come protagonista Ludovico, detto Lulù, Massa i cui panni sono vestiti da uno straordinario Lino Guanciale. Gli altri componenti del cast, in ordine sparso, sono: Donatella Allegro, Nicola Bortolotti, Michele Dell’Utri, Simone Francia, Diana Manea, Eugenio Papalia, Franca Penone, Simone Tangolo e Filippo Zattini. Lo spettacolo è tratto dall’omonimo film di Elio Petri e Ugo Pirro, mentre l’adattamento è di Paolo Di Paolo con la regia di Claudio Longhi.

La classe operaia va in paradiso parte da qui…

Non so da che parte iniziare con la recensione perché gli spunti di riflessione che propone sono svariati e, soprattutto, molto sfaccettati…Andrò allora con ordine. Di cosa parla lo spettacolo? Il tema centrale è lo sfruttamento presente nelle fabbriche ai tempi della catena di montaggio: la scena si apre, infatti, con degli operai che, posti davanti ad un rullo trasportatore, mettono dei pacchetti all’interno di scatole più grandi. Impossibile non collegare il tutto ad Amazon come è altresì impossibile pensare che quello che si vedrà in scena sia distante dal mondo attuale. Il focus poi si sposta su Lulù, che viene descritto come un instancabile lavoratore, uno che pur di vedere due banconote in più nel salario è disposto ad eseguire la stessa operazione per otto ore al giorno, senza mai staccare -nemmeno per andare in bagno- e, addirittura, cercando di tenere un ritmo di lavoro sempre più alto allo scopo di guadagnarsi la stima del capo. Ovviamente tutta questa sua dedizione lo porterà ad essere odiato dai compagni di lavoro, incapaci di tenere i suoi ritmi così serrati. Tutto cambierà, però, quando Lulù si troverà con una falange in meno a causa delle nuove macchine presenti in fabbrica. Non andrò oltre con la trama perché penso che lo spettacolo vada vissuto conoscendo solamente la base da cui parte.

Commento

Procedo quindi con il commento. Cosa mi lascia questo spettacolo? La convinzione che questi siano temi di cui bisognerebbe parlare molto di più, perché sì, bello vedere il film di e con Chaplin Tempi moderni, che mi è sempre piaciuto tantissimo, ma poi, in sostanza, siamo anche noi nella stessa barca, forse senza rendercene nemmeno conto. Lo sfruttamento è un tema quanto mai attuale, basta pensare al sopracitato Amazon ma anche ai milioni di corrieri che viaggiano sulle strade per portare a casa nostra i pacchi. Del resto, qualcuno lo dovrà pur fare, no? Sì, certo, ma i diritti del lavoratore dovrebbero essere inviolabili, non dovrebbero esistere nella nostra società dei Lulù per il semplice fatto che non è giusto, lo scopo della vita non è il lavoro. Macchina+Attenzione=Produzione si sente più e più volte in sala ma non dovrebbe essere così perché altrimenti l’uomo stesso diventa una macchina e perde ogni traccia di umanità. Lo spettacolo è denso, sia per quanto riguarda i contenuti sia per quanto riguarda la durata (circa 180 minuti, intervallo compreso), ma scorre veloce e lo spettatore si trova a ridere delle battute di Lulù ma anche a piangere con lui per ciò che gli accade. L’adattamento di Di Paolo e Longhi è sicuramente volto a scuotere le coscienze, così come intendevano fare anche Petri e Pirro quando hanno pensato alla realizzazione del film, e ad utilizzare il teatro non solo come un luogo dove si va per svago ma anche come un luogo di cultura in tutti i sensi, anche in quello politico. A causa della densità di spunti di riflessione questo spettacolo può essere “duro” da digerire ma prima accettiamo che non siamo così differenti da Lulù, sfruttato senza rendersene pienamente conto, prima possiamo cercare di cambiare le cose.

Prima di andare a teatro avevo letto delle recensioni, in giro per il web, e qualcuno riteneva eccessiva la durata io, invece, la trovo perfetta perché in sole due ore e mezza ci sono diversi mondi che si compenetrano partendo da quello operaio arrivando fino a quello dei movimenti studenteschi. E sono proprio questi mondi differenti a suggerire a ciascuno spettatore uno spunto di riflessione: tutti possono trarre qualcosa di più o meno profondo dalla visione di questo adattamento teatrale. Gli attori sono tutti perfetti, nessuno sfigura; personalmente ho apprezzato tantissimo le attrici che, seppure non vestano pienamente il ruolo da protagoniste, riescono, in un modo o nell’altro, a fare sentire la voce dei loro personaggi seppur in maniera più flebile rispetto agli uomini.

Assoluta nota di merito per Guanciale che mette in campo una bravura smisurata e rende Lulù vero in ogni suo comportamento; altra nota di merito per gli interpreti di Petri e Pirro che discutono sulla realizzazione del film e riescono a coinvolgere lo spettatore ancora di più. Fantastica anche la musica che accompagna pressappoco tutta la narrazione e che è suonata dal vivo, alternando il violino alla pianola in modo sensazionale. Per quanto riguarda l’allestimento non c’è molto da dire: sullo stesso rullo trasportatore scorrono scatole, macchine della fabbrica, un’automobile ed è ubicato, alle volte, anche il letto o il tavolo da pranzo della casa di Lulù. Una cosa da notare assolutamente è la ripetitività dei suoni, dei gesti, dei movimenti che non fanno altro che aumentare l’angoscia nello spettatore.

In conclusione è uno spettacolo affascinante che va assolutamente visto per la moltitudine di sensazioni che gli attori sono capaci di fare vivere prima ai loro personaggi e poi al pubblico.
Avete visto anche voi La classe operaia va in paradiso a teatro? Fatemi sapere cosa ne pensate nei commenti!
Ilaria.

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Ilaria

Sono una studentessa universitaria appassionata di teatro e di recitazione in generale ma anche di tennis.